la versione di elia

 di Alysia Pennetti

“Salve a tutti, sono Elia e questa è la mia famiglia.  
Lì in cucina c’è mia moglie Esme che pulisce, e se guardate fuori dalla finestra potete vedere i miei tre figli che giocano. Vi ringrazio per essere venuti a casa mia per l’intervista.” 
La telecamera si gira di scatto verso Elia. 
“Vi confesso che sono un po’ nervoso” 
“Diglielo” dice la giornalista con gli occhi sgranati. 
“Sapete, è la prima volta che vengo intervistato.” 
“DIGLIELO”. 
“Mi pare tutto così surreale”. 
“DIGLI LA VERIT..” 
“Basta, ora basta! ”  
Tutto si ferma, solo un bip di sottofondo.  
L’infermiera entra sorridendo: “Elia, come si sente?”  
Nessuna risposta, solo uno sguardo vuoto ed occhi pieni di lacrime.  
“Domani sarà dimesso” dice, ed esce silenziosamente.  
 
“Sorpresaaaaaa, guardate chi è tornato a casa”  
“Papà !” urlano i tre bambini con un sorriso radioso sulla faccia. 
Più tardi, mentre mangiano felici attorno al tavolo…  
“Non potete capire, oggi mentre ero al lavoro è caduta una trave addosso ad un mio collega ” 
“E ora come sta il tuo amico, papà?” 
“Bene, penso. Anche se…” 
Elia si gira, attratto da una voce. 
“Signore, con chi sta parlando?”, è l’infermiera.  
“Con la mia famiglia”  
“Elia, ma non c’è nessuno qui, lei è…solo!” 
“Solo…No…Nooooo!” 
Elia chiude gli occhi e la sua mente allucinata di nuovo vola via dalla corsia d’ospedale. 
“Esme è tardi, che stai facendo?” 
“Io lo so, so che mi nascondi qualcosa” dice Esme, cercando di parlare piano per non svegliare i bambini.  
“Non so di cosa stai parlando, tesoro” 
“Smettila di mentirmi! Ci sono delle cose che non tornano: perché non abbiamo vicini? E
come è possibile che il cibo in frigo non finisca mai?! Elia, cosa hai fatto…a volte mi sembra di vivere in un sogno, in una vita che non è la mia.”  
Esme si allontana, spaventata. 
“Amore torna a letto, vieni qui”  
“Non ti avvicinare, non provarci” dice urlando “Ora deciderai cosa farmi fare, lo so!”  
“Finiscila, tutto questo è per noi, lascia che me ne occupi io!”  
“Lasciami andare. Cosa c’è fuori da questa casa?” 
“Non lo vuoi sapere, te lo assicuro.” 
“Non puoi fare questa scelta per me! Mi sento prigioniera.” 
Elia si siede: “ Non mi hai mai parlato così prima.” 
“Prima di cosa? Non riesco a ricordare la mia vita prima di questa casa, perché?” scoppia
a piangere.  
Elia si avvicina e l’abbraccia per consolarla. “Stai tranquilla, risolverò tutto”. 

 
È mattina. La solita routine. 
La dottoressa entra, lo visita, gli dà le pasticche e lo accompagna a fare i corsi ricreativi in
giardino. Poi pranza, dorme e cena. La solita routine.  
L’unico momento in grado di arrecare felicità ad Elia è la notte: tutti in silenzio, nessuna
bugia, nessuna recita sociale. La notte gli porta speranza, perché è di notte che sogna. 
Chiude gli occhi e disegna una vita a puntino, nella quale c’è ancora sua moglie,
l’adorabile Esme.  
Elia la conobbe al college e fu amore a prima vista. Lei aveva un caschetto castano con
una folta frangia e degli azzurrissimi occhi blu, di un colore che Elia neanche credeva
potesse esistere. A coronare un sentimento così profondo giunse il matrimonio, ma la favola durò un battito di ciglia, perché Esme venne uccisa da una grave malattia,
improvvisa e spietata, e la parte sana del marito morì con lei.  
Allora iniziarono gli attacchi di panico, Elia non riusciva a respirare né a mangiare. Lasciò il lavoro e trascurò il loro nido d’amore, abbandonandolo.
Tutti i programmi per il loro futuro insieme si erano volatilizzati in un secondo.  
Dicono che il tempo aiuti a superare le batoste della vita, ma non è vero: ogni giorno senza Esme è un supplizio che durerà fino alla fine dei giorni di Elia.
L’uomo da due anni vive in un reparto di psichiatria, è depresso, parla da solo; si è creato
una realtà tutta sua, un mondo parallelo in cui Esme ha continuato a vivere al suo fianco,
in cui la morte non ha potuto entrare ad infrangere i suoi sogni.  
È una persona malata, un sognatore. O forse ormai è solo un “pazzo”:  ogni notte fa lo stesso sogno e ogni mattina si sveglia nello stesso incubo. 
Chiude gli occhi e aspetta in silenzio di vedere Esme. 
E’ seduta in salone a guardare la tv con i ragazzi.  Elia si avvicina, è venuto solo per un
saluto, ma ai suoi piedi c’è del sangue che piano piano macchia il pavimento. Sente disperatamente di non riuscire più a dominare la scena, la sua condizione attuale infatti
invade il sogno con violenza.   
I bambini si spaventano e, urlando, corrono alle spalle della madre. 
“Ragazzi, non dovete avere paura, papà sta bene…” 
Elia si guarda nel piccolo specchietto del salone e non si riconosce: ha due solchi neri sotto gli occhi, profondi come ferite, il suo viso è scuro per la folta barba e indossa il camice dell’ospedale psichiatrico.
Esme fa salire velocemente i bambini in camera, poi sbotta contro di lui: “ Smettila di
venire da me, ci siamo detti addio”  
“Lo so. Ma non ci  riesco” 
La macchia di sangue è un lago ormai sul pavimento.  
Elia ora osserva la scena dall’esterno, gli sembra di non partecipare a ciò che sta avvenendo: un uomo e una donna si fissano come pietrificati e i loro occhi si riempiono di lacrime. Elia non può più controllare il sogno come fosse un occulto regista, deve accettare che le cose gli sfuggano di mano, deve rassegnarsi a lasciar andare un Amore incompiuto. Dice: “Addio per il momento”, ed è come un lamento. 
“Nella speranza di rincontrarci di nuovo” sospira Esme con voce malinconica.  
I due restano immobili, occhi negli occhi mentre la stanza intorno a loro si disintegra in un vortice.
  
Il sogno è giunto ormai alla fine: Elia si è reciso le vene, non ha voluto sopravvivere alla
morte del suo grande Amore. Finalmente chiude gli occhi per l’ultima volta, solo e folle.

Sognatori attenti: 
un sogno può essere pericoloso, può rendervi prigionieri di un’illusione, può condurvi alla
follia e rendere la vostra vita una trappola.  
I sogni sono come una malattia, dovete curarli e controllarli, altrimenti possono essere fatali.

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